Roberto Valturio…: chi era costui?
No, non si tratta di una citazione di manzoniana memoria, o di una parodia discreta del capitolo VIII dei Promessi sposi: Valturio (1405-1475) ha fatto parte nella sua epoca dell’élite culturale e politica di Rimini.
Forse oggi il suo nome non evoca in tutti immediate suggestioni o ricordi, ma vale la pena conoscere un po’ più da vicino questo colto ed eclettico intellettuale riminese, a cui dal 1906 è intitolato il nostro Istituto.
Siamo in pieno periodo umanistico-rinascimentale, la cultura italiana promuove in tutta Europa l’entusiasmo per l’arte e per la ricerca di testi classici, e anche Rimini, con i Malatesta e in particolare con Sigismondo Pandolfo, gareggia nell’abbellire la città, per dimostrare il potere e il prestigio della corte malatestiana.
In questo clima dinamico e innovativo si forma e si fa conoscere Roberto Valturio. Dopo un periodo in cui, iniziando poco più che ventenne e per circa 10 anni (1427/1437), è lettore di retorica e poesia presso l’Università di Bologna, si trasferisce a Roma, facendo sicuramente tesoro del fervido ambiente culturale della Curia, per poi rientrare a Rimini nel 1446.
Inizia così il lungo e fecondo rapporto con Sigismondo Pandolfo Malatesta, che gli tributa stima e considerazione, facendolo entrare nel “Consiglio privato” e permettendogli anche di avere un ruolo attivo nell’ideazione di alcuni aspetti figurativi del Tempio Malatestiano, tanto che la sepoltura di Valturio si trova nella quarta arca sul fianco destro del Tempio stesso, come quelle di altri personaggi di rilievo della corte.
Il suo contributo alla vita culturale della nostra città è confermato dai rapporti con varie personalità di orientamento umanistico, tra cui spicca il nome di Poggio Bracciolini; numerose epistole documentano inoltre l’importanza di Valturio, come quella a Federico da Montefeltro e quella a Maometto II, scritta per conto di Sigismondo P. Malatesta, entrambe conservate e arrivate fino a noi.
Roberto Valturio però non fu solo uomo di lettere e consulente diplomatico della corte malatestiana: il suo nome è in buona parte legato ad un trattato, “De re militari”, talmente importante che fu divulgato ampiamente anche oltre i confini italiani. Ne possedevano copie, oltre a Federico da Montefeltro duca di Urbino, Lorenzo dei Medici signore di Firenze e Malatesta Novello signore di Cesena, anche il re di Francia Luigi XI e il re d’Ungheria Mattia Corvino.
L’opera, scritta in 12 libri, iniziata proprio nel 1446, l’anno del suo rientro a Rimini, e completata nel 1455 (nello stesso periodo in cui si stava erigendo il Tempio Malatestiano), intendeva soprattutto celebrare il valore e la gloria di Sigismondo Pandolfo, descritto come un grande condottiero degno di quelli antichi, e testimoniava la precisione filologica e la passione storica di Valturio.
Non aspettiamoci propriamente un trattato funzionale, tale da insegnare tecniche belliche e utilizzi pratici, ma piuttosto un’opera di tipo politico-militare, quasi un inventario di ciò che doveva incarnare un bravo condottiero.
Ciò che inoltre stupisce e dà un valore particolare al testo, facendone un punto d’orgoglio per l’intero mondo scientifico e culturale della Rimini dell’epoca, è la pregevole serie di immagini che lo corredano, illustrazioni di macchine e strumenti di guerra, soprattutto d’assedio, suggestivi ed esemplificativi, con particolare attenzione alla moderna polvere pirica e all’artiglieria. Spicca come illustrazione originale il famoso disegno di “arabica machina ad expugnationem urbium”: un enorme drago alato a cui si ispira anche il logo del nostro Istituto.
Le copie manoscritte in latino del De re militari sono davvero curatissime e preziose, molto apprezzate dagli uomini di cultura, e non solo dai letterati; va sottolineato tuttavia che si tratta anche della prima opera di questo genere pubblicata a stampa (1472), e che addirittura Leonardo da Vinci ne possedeva una copia, tradotta in volgare, oggetto di ispirazione e di studio per i suoi disegni.
Dunque Roberto Valturio non è semplicemente uno dei tanti intellettuali che hanno attraversato la storia di Rimini in un tempo fertile di cultura e di novità: è piuttosto un intellettuale appassionato, che ha saputo coniugare la bellezza della letteratura umanistica con l’azione pratica di un uomo di corte affidabile e concreto.
Prof.ssa Paola Papini